IL MURO, di J.P. SARTRE

Sapeva che le sofferenze, le letture serie, un’attenzione costante e rivolta ai suoi ricordi, alle sue sensazioni più squisite l’avrebbero maturata come un bel frutto di serra.

"Ma guarda un poco: eri carina, allegra e intelligente, ti stai distruggendo per capriccio e senza profitto. Ebbene, siamo d’accordo, sei stata ammirevole, ma ecco ora è finito, hai fatto tutto il tuo dovere, più del tuo dovere; adesso sarebbe immorale insistere."

"C’è un muro tra te e me. Io ti vedo, ti parlo, ma tu sei dall’altra parte."

tratto dal racconto "La camera".

"Lo conosco , il tipo." mi disse. "Si chiama Erostrato. Voleva divenir celebre e non ha saputo trovar niente di meglio che bruciare il tempio di Efeso, una delle sette meraviglie del mondo."
"E come si chiamava l’architetto?"
"Non me lo ricoro più", confessò, "credo persino che non se ne conosca il nome".
"Davvero? E vi ricordate del nome d’Erostrato? Vedete che non aveva del tutto sbagliato il suo calcolo."

tratto dal racconto "Erostrato".

Provava un amaro senso d’orgoglio. "Ecco che cosa significa essere fortemente attaccati alle proprie opinioni; non si può più vivere in società".
[…]
Ma la sua collera era caduta; rivedeva con una specie di malessere il viso stupito di Weill, la sua mano tesa e si sentì portato ad essere conciliante: "Pierrette penserà sicuramente che sono una bestia. Avrei dovuto stringergli la mano. Dopo tutto, questo non mi comprometteva. Fare un saluto molto riservato e allontanarmi subito dopo: ecco cosa dovevo fare".
[…]
E cercò di attingere un pò di conforto nella contemplazione di quest’odio sconfinato. Ma esso si sciolse sotto il suo sguardo; (…) egli non provava nient’altro che una cupa indifferenza.

tratto dal racconto "Infanzia di un capo".


da "Il Muro", di Jean-Paul Sartre.
Oscar Mondadori, ed. 1974.


zaitself.

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