Il virtuale ha assorbito il reale, di J. Baudrillard

di seguito alcuni stralci di un’intervista a Jean Baudrillard, brillante sociologo francese che ha consacrato la sua opera all’analisi del Contemporaneo, studiando in particolare la società dei consumi.

sul sito di mediamente.rai.it/biblioteca è possibile leggere l’intervista integrale, "Il virtuale ha assorbito il reale", datata 11 febbraio 1999. effettivamente sono passati un pò di anni, ma sostanzialmente condivido le critiche che Baudrillard muove a livello teorico e concettuale.

anche se all’interno delle sue risposte qualcosa oggi potrebbe scricchiolare – alla luce dell’espansione e dei passi da gigante che compie il web (blog, myspace, community, messenger, skype, podcast, ecc..) -, su Internet avvengono ancora INTERAZIONI, in luogo di piene RELAZIONI, e si è attratti da FASCINAZIONI (spesso collettive), che non diventano mai SEDUZIONI, poichè l’identità (dell’utente che naviga), non viene mai completamente messa in gioco, anche quando puoi scrivere a una persona, parlare con lei, sentire la sua voce, o addirittura vederla in diretta video.

certo, io un pò ne parlo da profano, proprio come Baudrillard, o forse più da impotente, per il fatto che Internet non lo si riesce a controllare e ad abbracciare interamente, e spesso ne siamo in balia.
ciò accade naturalmente anche nella vita reale, ma con Internet tutto è molto più veloce, più dinamico, più asettico, e questo forse ti rode di più.
beh, ora sto diventando banale, e rischio di contraddirmi.

in fondo.. l’utilizzo del "mezzo" Internet, permette anche di criticare il "mondo" di Internet.. proprio come sto facendo in questo istante.

peace,

vassilij z. self

Domanda 1
L’immersione totale nello schermo e nel computer del soggetto può implicare che la realtà possa scomparire in un generico non-luogo?

Risposta Baudrillard

Sì, certo, la realtà è già scomparsa in certo modo, ma perché essa in fin dei conti, non è mai altro che l’effetto di uno stimolo, di un modello. C’è un modello di realtà, un principio di realtà, che è stato costruito e che si può scomporre molto rapidamente. […]
Insomma tutto si può realizzare di fatto, anche cose che in precedenza si opponevano l’una all’altra: da una parte c’era il mondo reale, e dall’altra l’irrealtà, l’immaginario, il sogno, eccetera. Nella dimensione virtuale tutto questo viene assorbito in egual misura, tutto quanto viene realizzato, iper-realizzato. […]
E infine tutto vi si trova in qualche modo programmato o promosso dentro una superformula, che è quella appunto del virtuale, delle tecnologie digitali e di sintesi. Accade effettivamente che a un certo punto il reale ci sta pur sempre di fronte, e noi ci confrontiamo con esso, mentre con il virtuale non ci si confronta. Nel virtuale ci si immerge, ci si tuffa dentro lo schermo. Lo schermo è un luogo di immersione, ed ovviamente di interattività, poiché al suo interno si può fare quel che si vuole; ma in esso ci si immerge, non si ha più la distanza dello sguardo, della contraddizione che è propria della realtà.[…]
Voglio dire che nella dimensione virtuale non c’è più né soggetto né oggetto, ma entrambi, in via di principio, sono elementi interattivi. […] In questo universo il soggetto non ha più una sua posizione propria, una condizione vera, in quanto soggetto, di un sapere o di un potere o di una storia. C’è invece un’interazione, che vuol dire in fin dei conti uno svolgimento o un riavvolgimento di tutte le azioni possibili. Nella realtà virtuale tutto è effettivamente possibile, ma la posizione del soggetto è pericolosamente minacciata, se non eliminata.

Domanda 4

Nel suo libro "Il delitto perfetto" troviamo la ricostruzione di un delitto, ovvero la morte della realtà e lo sterminio delle illusioni ad opera dei media e delle nuove tecnologie. Ci vuole parlare di questo libro?

Risposta Baudrillard
È difficile parlare di un libro o del tema in esso affrontato. A proposito del titolo, si è trattato in effetti dell’uccisione della realtà, e più ancora che della realtà, a mio parere, delle illusioni. […]
Il concetto di realtà è relativamente recente, contiene un sistema di valori solo da poco consolidatosi. Per contro, mi sembra che l’illusione sia parte integrante dell’organizzazione simbolica del mondo, ed è perciò assai più dinamica. È l’illusione vitale di cui parla Nietzsche, costituita da apparenze, fantasie, e tutto ciò che può essere la forma di una proiezione, come una scena diversa da quella della realtà. E mi pare che essa sia stata completamente eliminata da questa operazione del virtuale che, in parole semplici, io chiamo "delitto" ma che in fondo non è che una metafora un poco esagerata e forse persino non troppo giusta, nella misura in cui non si tratta in realtà di un crimine o di un assassinio in senso simbolico. […] Quanto all’aggettivo "perfetto", esso denota come il vero delitto, come sto per dire, consista nella perfezione, perché vuol dire che è quest’ultima il risultato finale. Questo universo reale, imperfetto e contraddittorio, pieno di negatività, di morte, viene depurato, lo si rende "clean", pulito; lo si riproduce in maniera identica ma dentro a una formula perfetta. Così avremo bambini perfetti grazie alla manipolazione genetica, avremo un pensiero perfetto grazie all’intelligenza artificiale, e così via. La perfezione è dunque questo ideale in certo modo perverso che rappresenta il vero delitto. A mio avviso, insomma, il delitto consiste nella perfezione di questa specie di modello ideale che si vuole sostituire alla realtà e al contempo all’illusione.

Domanda 5
La sua posizione nei confronti dei media è estremamente critica: quali sono, a suo avviso, i rischi maggiori per una società dell’informazione come la nostra?

Risposta Baudrillard
Sì, il mio atteggiamento è di critica, e certamente lo difendo in quanto è quello sperimentato più a lungo nel tempo, e si richiama un po’ all’eredità del pensiero critico; […] In qualche modo è vero che i media fanno il loro lavoro e sono un elemento essenziale nella strategia del delitto perfetto, in un certo modo ne fanno parte: ma questo è ancora troppo semplice. Io direi invece che la mia è piuttosto una posizione ironica in rapporto ai media. I media si frappongono in maniera tale fra la realtà e il soggetto, che, mi pare, non ci sono più interpretazioni possibili in quanto l’informazione rende l’accadimento incomprensibile. […] Questo è certamente un dato importante; ma infine, c’è davvero bisogno della verità? In fin dei conti, l’obiettivo dei media non è stato forse di eliminare effettivamente il principio morale e filosofico della verità, per installare al suo posto una realtà completamente ingiudicabile, una situazione di incertezza che, se si vuole, può ben essere immorale e difficile da sopportare, ma che in certo modo è ironica? (vedi trasmissioni come Grande Fratello, o ancora le notizie frivole e le rubriche di cucina che popolano i TG televisivi, n.d.r.) Se guardiamo alla cosa con ironia, scopriamo che i media si sono dedicati a smontare questo principio di verità, autorità e certezza che rappresenta del resto, bisogna dire, il fondamento di tutta una civiltà dal carattere autoritario e moralmente rigoroso. […]
Sono perciò radicalmente critico contro i media nel quadro del sistema dei valori umanistici, ossia quello che noi conosciamo e che è nostro: a questo livello bisogna essere assolutamente critici e addirittura spietati. Se però si affronta la questione diversamente, e ci si pone al di là della fine, al di là di quel principio, in un eventuale altro universo, allora non si può dire: può darsi che i media, la tecnica, eccetera non siano che operatori di qualcosa che non so descrivere, di un gioco, di ironia, non so.

Domanda 6
Qual è, se c’è, a suo avviso, la vera seduzione di Internet?

Risposta Baudrillard
La seduzione? Beh, io non ho mai parlato di seduzione a proposito di Internet, e mi stupirei se l’avessi fatto. […] In Internet, al limite, c’è un’interazione, che non è in alcun modo una relazione duale poiché non è fondata sull’alterità, e non è nemmeno una relazione di confronto, di sfida, eccetera. Abbiamo invece un rapporto di immersione, di interazione: là dentro non esiste seduzione, al massimo si produce, evidentemente a livello collettivo, una reazione di fascinazione, ma come avviene al cospetto di un universo feticcio, di un oggetto d’adorazione. […] per esserci una seduzione bisogna che ci sia una scena della seduzione, e dei veri attori, non semplicemente degli interattivi, ma attori che mettano in gioco la propria identità al fine della seduzione. Sia nella seduzione amorosa che di altro genere, artistico, estetico, o altro, si verifica una messa in gioco dell’identità, e persino una perdita dell’identità ma nel contesto di un rapporto duale. Poi esiste un piacere della seduzione che non ha nulla a che vedere con il fascino dello schermo e dell’operazione su Internet. […] Internet è nuovo, originale se si vuole, ma come dico, ne esiste già una replica nei media. Internet stesso si trova già sdoppiato nel commento mediatico che se ne fa e nel suo consumo globale, e pertanto Internet stesso non è già più Internet, ma è stato attirato nel sistema della simulazione, e in fondo è già stato trasformato. […] Possono essere milioni le persone che si comportano così, si può creare in tal modo una nuova cultura, un nuovo ambiente, ma nonostante tutto bisogna stare bene attenti a non prendere troppo sul serio l’idea che i fondamenti dell’uomo e della sua civiltà saranno rivoluzionati da una tecnica, qualunque essa sia, anche Internet.

Non trovate che un linguaggio universale come l’hip hop faccia fatica a conoscere in Italia una via autonoma e originale?

La chiave di tutto sta effettivamente nell’autonomia e nell’originalità. Siamo un popolo esterofilo e raramente riusciamo a sviluppare un linguaggio che non tenga conto delle influenze internazionali. Qui da noi si scimmiotta la forma originale, ma fuori dal suo contesto se ne distrugge l’essenza. I rapper italiani che se la prendono a morte con la polizia nei loro testi, si immedesimano nei loro eroi d’oltreoceano. Ma in Italia la polizia non uccide di botte i neri solo perché tali. Come nella box, la differenza della grinta hip hop sta nella rabbia e nella sofferenza, prima ancora che nella tecnica.

Intervista agli Xcoast, duo di dj/producer romani

question:

Nel primo racconto ricordi l’attacco di Dalla parte di Swann di Marcel Proust.



answer:

Non ho mai letto Proust. Ma è un tratto condiviso da molti desiderare cose irraggiungibili. E’ un modo per soddisfare una qualche idea romantica e di riempire il vuoto che si crea quando non si ottengono i risultati sperati, insomma una sorta di emozione sostitutiva. Gli irlandesi si impegnano molto nel lamento, è un terreno pericoloso ma può essere utile per superare il passato, anche se lentamente, e capire in che direzione muoversi per il futuro.



Intervista a Eogham Mac Giolla Bhride