MILANO, 5 agosto 09, giù le mani dall'INNSE

La polizia irrompe nello stabilimento occupato
Blitz nella fabbrica degli irriducibili

Da oltre un anno gli operai presidiano l’azienda dove un tempo si produceva la Lambretta

MILANO – Parlare di sorpresa è quel che si dice un eufemismo, per­ché le forze dell’ordine in assetto antisommossa inviate dal prefetto di Milano, nell’afa di una domenica 2 agosto, a sgomberare quel che resta di una fab­brica modello hanno dav­vero preso in contropiede tutti quanti: dai suoi 49 ope­rai, che per difenderla la oc­cupavano da oltre un anno, sino agli amministratori di Regione, Provincia e Comu­ne che appena pochi giorni fa ragionavano su come sal­varla. Eppure.

È successo domenica alla Innse di Lambrate, tra i tafferugli di una mattinata in cui si era arri­vati quasi al blocco della vicina tangenziale e la tregua raggiun­ta solo nel pomeriggio, quando la prefettura ha accettato di ricon­vocare le parti per lunedì. In uno sta­to di tensione sintetizzato a modo suo dal lessico con cui l’ex mini­stro Paolo Ferrero, ora segretario del Prc-Se, si è affiancato agli operai: «Un’azienda smontata in nome di una speculazione. Per for­tuna non tutti sono disposti a pren­dere mille euro al giorno per dare il c… a qualcuno». Colpi di fioretto, appunto.

La Innse dunque. Quella che una volta era Innocenti e produceva mi­ti come la Lambretta e che ancora nel ’73 di operai ne aveva duemila, ma che anche dopo, attraversando scissioni varie, sapeva comunque costruire bazzecole tipo i serbatoi del razzo europeo Arianne. Sino al­la crisi e alla beffa finale, quando un signore di nome Silvano Genta ottenne due anni fa di comprarla tutta quanta per 700mila euro con la promessa di rilanciarla: salvo in­vece licenziare tutti quelli che ci la­voravano per poi rottamarla a pez­zi, un tornio dopo l’altro a suon di milioni: il che è l’oggetto dello scontro in corso tuttora.

È una storia che i lettori delle pa­gine economiche conoscono già be­ne da tempo ma che per tutti gli al­tri merita di essere riassunta con le parole di Bruno Casati, fino al mese scorso assessore al Lavoro della Provincia milanese appena passata al centrodestra: «Era il 2006, la Inn­se era in crisi da anni e per salvarla c’era una riunione dietro l’altra. Un giorno il prefetto Gian Valerio Lom­bardi chiama noi amministratori e i sindacati dicendo che c’è un im­prenditore disposto a rilevarla. An­diamo tutti e troviamo questo si­gnor Silvano Genta accompagnato con nostra sorpresa da Roberto Ca­stelli, allora semplice parlamentare della Lega. Ci presentano un piano di rilancio, sembra credibile. Solo dopo, troppo tardi, abbiamo sco­perto che Genta era un rottamaio»: intanto però è entrato in possesso di tutta la Innse, stabilimento e macchine comprese, più o meno al prezzo di un appartamento.

I telegrammi di licenziamento li spedisce il primo giugno del 2008: e gli operai occupano la fabbrica. Poi vengono a sapere che Genta sta vendendo le macchine: le prime sette per due milioni e mezzo o giù di lì. Ma gli operai continuano a di­fenderle giorno e notte, per un an­no. Finché Genta ottiene dal tribu­nale di farle smontare con la forza: siamo al maggio scorso. I sindacati tuttavia convincono il prefetto a rinviare il blitz: in primo luogo per­ché sono ancora alla ricerca di una soluzione, ma soprattutto perché nel frattempo la società proprieta­ria del terreno su cui la Innse si tro­va – la Aedes – rivendica talmen­te tanti crediti da Genta che inten­de appunto chiedere ad altri giudi­ci di sequestrargli quelle stesse macchine che lui vorrebbe vende­re. Infine, proprio pochi giorni fa, il consiglio regionale lombardo ap­prova all’unanimità una mozione per la riapertura di un tavolo.

All’improvviso il blitz: cara­binieri e polizia a sgomberare gli operai occupanti e a proteggere l’entrata di altri, incaricati di smon­tare le macchine. «Non me lo aspet­tavo » dichiara a caldo anche il vice­presidente regionale Gianni Rosso­ni. Per tutto il giorno sindacati e po­litici locali si mettono alla ricerca del prefetto Lombardi, in cerca di spiegazioni: perché quel via libera improvviso? Niente da fare, il pre­fetto non si trova. Si trova però, nel tardo pomerig­gio, una notizia: e cioè che giusto per lunedì è prevista, sarà un caso, la decisione del tribunale sulla famo­sa richiesta di pignoramento for­mulata dalla Aedes e che impedi­rebbe la vendita. Solo a quel punto dagli uffici della prefettura arriva il contrordine: sospendere tutto. Sta­mattina nuova convocazione delle parti, in attesa di sviluppi.

Paolo Foschini
03 agosto 2009
fonte milano.corriere.it

video "INNSE, la rabbia degli operai"

30.000 desaparecidos, 30 anni dopo. Le nonne di Plaza da Mayo

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi’ de "La nonviolenza e’ in cammino"
Numero 134 del 25 ottobre 2007

In questo numero:
Rita Arditti: Le Nonne di plaza de Mayo

TESTIMONIANZE. RITA ARDITTI: LE NONNE DI PLAZA DE MAYO
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento dal
titolo originale "Alle Nonne piace il rock".
Rita Arditti e’ docente universitaria corrispondente per "We News"; nata in
Argentina, lavora e vive a Cambridge, in Massachusetts; e’ autrice di Alla
ricerca della vita: le Nonne di Plaza de Mayo e i bambini scomparsi
dell’Argentina, University of California Press, Berkeley, 1999]

Questo mese segna il trentesimo anno di ricerca. Sin dal 22 ottobre 1977
dozzine di donne,
i cui figli e figlie erano stati rapiti e presumibilmente
uccisi durante la sanguinosa dittatura militare che resse l’Argentina dal
1976 al 1983, hanno tentato di ricongiungere le generazioni. I loro figli e
nipoti sono tra i 30.000 che scomparvero nel corso della cosiddetta "sporca
guerra".
Sebbene la maggioranza di costoro fosse morta durante la dittatura,
le testimonianze dei sopravvissuti di oltre 350 campi di detenzioni
clandestini indicavano che i loro nipoti potevano essere vivi.
Per tre decadi le Nonne di Plaza de Mayo hanno cercato questi bambini
perduti.
Il loro nome deriva dai giovedi’ passati nella piazza centrale di
Buenos Aires a protestare per la scomparsa di figli e nipoti. Ma
recentemente, per la consolazione delle Nonne, la ricerca sta andando anche
in altre direzioni. Come risultato di un programma iniziato nei primi anni
’90 con gruppi giovanili ed artistici, sono i giovani ora adulti con domande
sulla propria identita’ a cercare le Nonne.
"Abbiamo a lungo detto che sarebbe venuto il giorno in cui sarebbero stati i
nostri nipoti a cercarci, e quel giorno e’ venuto
", dice Rosa Roisinblit, 88
anni, vicepresidente delle Nonne di Plaza de Mayo, che ha ritrovato il
proprio nipote nel 2000, grazie ad una telefonata anonima fatta all’ufficio
del gruppo. Fino ad ora, le Nonne hanno aiutato ottantotto giovani uomini e
donne a ritrovare la propria identita’.

Lo scorso luglio, in una storia assai riportata dai principali media
argentini, Maria Belen Altamiranda, residente a Cordoba, ha scoperto a 29
anni chi fossero i suoi genitori: grazie alle Nonne, ad un’amica e ad un
gruppo rock. "L’incontro e’ stato intenso, commovente, pieno di sentimenti
contrastanti
", ha detto Maria del suo incontro con i parenti sopravvissuti,
"Sono felice di averli ritrovati, ed allo stesso tempo tutto questo e’
terribilmente triste
". Il viaggio di Maria comincio’ nel 2005, quando
confido’ ad un’amica che voleva sapere chi fossero i suoi genitori
biologici. L’amica aveva visto un annuncio delle Nonne in tv, come parte di
un video di un gruppo rock argentino, i Bersuit Vergarabat, che sono dei
grandi sostenitori del lavoro delle Nonne sin dal 1998. Nel 2003 le
presentarono a ventimila persone durante un concerto. L’amica diede a Maria
il "numero verde" delle Nonne, che sin dagli anni ’80 avevano lavorato con
alcuni scienziati per sviluppare un test genetico del sangue (detto poi
"l’Indice delle Nonne") che permettesse l’identificazione dei bambini
rapiti. Nel 1987 fu creata la banca dati genetica nazionale, e le Nonne vi
depositarono il loro sangue. Il test di Maria le fece scoprire di essere
nipote di Irma Rojas, settantaduenne che fa parte delle Nonne.
Un altro alleato importante nel mettere in contatto i giovani con le Nonne
e’ il "Teatro per l’Identita’", un gruppo di giovani artisti di Buenos Aires
che scrive e recita pezzi sull’identita’ e il potere. Ogni anno, migliaia di
persone partecipano alle loro rappresentazioni settimanali gratuite in varie
parti della capitale. Dopo ognuno di questi eventi, dozzine di giovani
chiamano le Nonne per chiedere informazioni: anche se non sono figli di
"desaparecidos" vengono comunque aiutati a scoprire le proprie origini
biologiche. Il lavoro delle Nonne ha condotto al concetto di un nuovo
diritto umano: il diritto all’identita’, che include il poter conoscere
nazionalita’, nome e relazioni familiari. Nel 1989 questo diritto divenne
parte della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino, come
articolo 8, chiamato da molti "l’articolo argentino".
In molti casi, le Nonne hanno scoperto che i bambini scomparsi venivano dati
come "bottino di guerra" a membri della polizia o dell’esercito. Altre volte
venivano abbandonati per strada, senza alcun segno di identificazione.
Separare i bambini dalle loro legittime famiglie era un modo per prevenire
che crescessero odiando il regime,
e per punire i loro parenti dell’aver
generato dei "sovversivi". Nello studio che hanno pubblicato quest’anno, le
Nonne documentano l’esistenza di nove campi in cui vi erano 96 donne incinte
fra i 1.466 detenuti e scomparsi. La maggior parte di esse venne uccisa dopo
il parto.

"Un nuovo livello di lotta ha avuto inizio quando ho seppellito mia figlia",
racconta Estela Barnes de Carlotto, settantaseienne, presidente delle Nonne
dal 1989, ed una dei pochi membri che abbia potuto ritrovare un corpo, "Ho
saputo che mia figlia, mentre si trovava nel campo di tortura, diceva
ripetutamente ai suoi amici: Finche’ vive, mia madre non perdonera’
l’esercito. E aveva ragione. Mi conosceva meglio di quanto mi conoscessi io.
Se qualcuno mi avesse detto che avrei dedicato la mia vita alla ricerca
della verita’, e alla lotta contro l’amnesia storica, non lo avrei mai
creduto
".
Una notte del 2002, la casa di Estela a La Plata e’ stata letteralmente
farcita di pallottole, ma la Nonna e’ sopravvissuta al tentativo di
assassinarla. Nel 2003, e’ stata una dei cinque premiati dalle Nazioni Unite
per la difesa dei diritti umani.
Le "leggi sull’amnistia" del 2005 che avevano impedito di portare in
giudizio i perpetratori delle atrocita’ sono state annullate, e nel 2007 il
"perdono presidenziale" e’ stato dichiarato incostituzionale.
Uno dei casi
su cui le Nonne stavano lavorando da anni ha fornito l’evidenza necessaria
che ha condotto all’annullamento di tali leggi. Nel luglio scorso, Estela
Barnes de Carlotto, e’ stata inclusa nella rosa dei candidati al Premio
Nobel per la Pace,
poi attribuito ad Al Gore. Quando ha saputo della nomina,
dice, ha provato una grande emozione ma ha anche messo subito in chiaro che
se mai il premio le fosse stato conferito doveva riguardare tutte le Nonne,
perche’ nulla di quello che Estela ha fatto in questi anni lo ha fatto da
sola.
*
Il sito delle Nonne di Plaza de Mayo e’ : www.abuelas.org.ar

Il Natale a Betlemme, 2006 anni dopo

le notizie che seguono arrivano dal Baby Hospital della Caritas di Betlemme..
2006 anni fa a Betlemme nacque un bambino che cambiò il corso della storia.
Ecco come nascono e vivono oggi i bambini palestinesi, a Betlemme.

peace,

vassilij z. s.

Il Natale si avvicina e l’ attenzione verso Betlemme si riaccende e ci riscalda il cuore.

Come e` oggi la vita in Betlemme? Ce lo chiedono i nostri amici, le persone che ricordano con amore i bambini del nostro ospedale e che si sentono solidali con la sofferenza di questo popolo.

Il Baby Hospital e` un interessante punto di osservazione per capire la realta` di Betlemme; qui arrivano i bambini Palestinesi bisognosi di cure, qui si protegge la loro fragile vita, qui le madri cercano aiuto e sostegno. La realta` che si trovano ad affontare e` spesso cosi` dura ed ostile …..

Le difficili condizioni in cui vivono tante famiglie, specie nei villaggi, pongono i bambini in una situazione di forte rischio di malattie. La disoccupazione tocca livelli altissimi e si fa sentire sempre piu` con il carico di problemi a livello umano che inevitabilmente porta con se`; il marito disoccupato diventa “un figlio in piu`” da gestire, con un peso moltiplicato per la donna, non raramente soggetta ad una vita priva di dignita`: in molti casi, sfinita dalle continue gravidanze, la donna partorisce figli deboli e bisognosi di urgenti cure mediche. Le condizioni igieniche precarie, in particolare la scarsita` di acqua rendono ancor piu` fragile lo stato di salute dei bambini.

Il contatto diretto, quotidiano con le madri, ci permette di conoscere i loro drammi enormi, il mondo senza respiro in cui i Palestinesi sono costretti a vivere una vita da prigionieri, privati della normale liberta` di movimento e dei fondamentali diritti di un essere umano.

[…]
Le statistiche del nostro ospedale parlano chiaro: 3500 ammissioni in un anno e circa 30000 bambini seguiti negli ambulatori (circa 100 al giorno). Gli spazi di attesa sono pieni di voci, di strilli, di grida….. ma sono ormai diventati stretti e affollati.

Stranamente ci sono anche giorni silenziosi e troppo tranquilli: sono i giorni in cui le maggiori restrizioni alla liberta` di movimento e blocchi militari impediscono l’accesso a Betlemme, e i genitori non possono accompagnare all’ospedale i loro bambini bisognosi di cure.

Le situazioni piu` complesse da gestire sono i trasferimenti di un bambino dal Baby Hospital ad un altro ospedale, per particolari cure: il gran numero di persone coinvolte e le infinite procedure burocratiche rendono tale “operazione” una vera impresa.

Data la mancanza, in Betlemme, di reparti di cure intensive, reparti specialistici e chirurgici, per una consultazione o trasferimento ci si deve riferire a ospedali in Gerusalemme, ma per raggiungerli bisogna oltrepassare il muro: e qui si sperimenta fino in fondo la fatica di essere Palestinesi. Una fitta rete di contatti si mette subito in moto per far si` che il trasferimento e le prestazioni mediche avvengano tempestivamente: genitori del bambino, medici, operatori sanitari e sociali, impiegati ed alcune persone che “contano” … Tutto questo richiede un’enorme mole di lavoro, di contatti, di tentativi e tentativi, di paziente tessitura di infiniti dettagli, e richiede interminabili giornate, tempi lunghi, davvero troppo lunghi per un bambino che sta male…cosi` Amira, due mesi di vita, in estrema necessita` di cure specialistiche, ci ha pensato lei a risolvere la situazione e, stanca di aspettare la risposta che non arrivava mai, se n’ e` ritornata tra gli angeli quasi senza che ce ne accorgessimo.

[…] Palestina sotto l’ ”embargo”

La situazione sanitaria nell’intera Palestina ed anche in Betlemme, e` estremamente critica. Da mesi, nelle istituzioni governative i dipendenti non ricevono salario ed e` in atto uno sciopero selvaggio e crudele che sta privando la gia` provata popolazione dei servizi piu` essenziali, come quelli sanitari. Si cerca a mala pena di garantire qualche servizio di emergenza.

Anche per i bambini non ci sono servizi che funzionino e le madri spendono ore cercando medicine e cure da un ambulatorio all’altro. Alla fine approdano al Baby Hospital, perche` il Baby Hospital non manda via nessuno.

I farmaci che fino a mesi fa venivano dati dai servizi governativi, ora non sono piu` disponibili, e chi era solito beneficiarne e` rimasto “a secco”… Ci viene alla memoria Marlen, sofferente di ipertensione arteriosa, che, non avendo il denaro per procurarsi le medicine, ha iniziato a bere aceto,….e poi ha dovuto curarsi anche lo stomaco.
[…]
Il nuovo governo che si e` formato in seguito alla vittoria del partito di Hamas afferma di non avere il denaro per pagare i dipendenti, che , durante il governo del partito di Fatah venivano pagati con l’aiuto della Comunita` Europea, tra cui l’Italia. I disagi per la popolazione sono ora incalcolabili e fanno accelerare impoverimento e malessere. Abituati (ed anche un po’ “viziati”) ai fondi dell’Europa che puntualmente arrivavano in Palestina, i cittadini si trovano ora a subire un “embargo” che destabilizza sempre di piu` quella che prima era la fragile impalcatura dell’Autorita` Palestinese. Si va avanti sotto il regime del caos e della completa incertezza su quello che potrebbe succedere domani.

Neppure i bambini suscitano un po` di buon senso e di responsabilita`; nessuna pieta` per il loro futuro. Non pagati da mesi, anche gli insegnanti hanno fatto il loro sciopero. Il primo giorno di scuola (nelle scuole governative) doveva essere il 2 Settembre. Invece e` stato il 12 Novembre. Per piu` di due mesi la loro scuola e` stata la strada, con una conseguente tensione da parte dei genitori, resi impotenti dall’obbligo dello sciopero.

Molti si chiedono come finira` questa situazione.
[…]
Una poverta` “silenziosa”, quasi muta, si aggira tra le strade di Betlemme e invade larghi strati di popolazione, colpendo soprattutto i piu` deboli, una poverta` che ha quasi bisogno di essere scovata per essere creduta, tanto e` arrivata a toccare profondamente anche la popolazione che un tempo sosteneva l’ economia della citta` e che ora si vergogna di farsi vedere povera per le ristrettezze economiche. Come Elias, autista di grande esperienza, con 6 figli, che il mese scorso ha ricevuto 45 Euro di salario, e nella cui famiglia non si e` mangiato carne per un mese.

[…]

la testimonianza completa si trova a questo link.
ringrazio Alberto Giera, che lavora nei Territori Occupati in un progetto di inserimento lavorativo per i palestinesi economicamente vulnerabili, per avermela segnalata.