… Dimenticherò l’anno, la data, il giorno della settimana.
A chiave mi chiuderò, con un foglio di carta soltanto.
Adémpiti, o magia sovrumana
delle sillabe illuminate di pianto!
Appena entrato nella tua abitazione,
Oggi mi sono sentito a disagio.
Avevi nascosto qualcosa nella tua blusa di raso
e s’aggirava nell’aria un lento profumo d’incenso.
Ti ho chiesto se eri contenta:
Mi hai risposto due sillabe fredde:
tanto.
L’inquietudine ha rotto le dighe della ragione,
ed accumulo il cruccio in un delirio di febbre.
Ascolta.
Non è possibile
che tu riesca a celare il cadavere.
Gettami in viso la parola terribile.
Perché non vuoi udire?
Non senti
che ogni tuo nervo contorto
urla come una tromba di vetro:
L’amore è morto –
L’amore è morto…
Ascolta.
Rispondimi senza mentire
(come farò andare indietro?)…
Come due fosse
in viso ti si scavano gli occhi.
Le due tombe sprofondano.
Non se ne vede più il fondo.
Cadrò dall’impalcatura dell’ore!
L’anima ho teso come una fune sul precipizio,
e v’ho danzato, acrobata-equilibrista,
giocoliere delle parole.
Lo so
che s’è di già consumato l’amore.
Ormai a più d’un segno vi riconosco la noia.
Ritornami giovane in cuore!
All’anima
… cuore!
All’anima insegna di nuovo del corpo la gioia
Lo so,
si paga sempre per una donna.
Che importa? La vestirò,
come dentro una gonna,
invece d’una toeletta
comprata a Parigi,
col fumo della mia sigaretta.
Recherò l’amor mio
per mille strade distanti,
come recavano gli antichi apostoli Dio.
Da secoli t’ho preparato un diadema,
costellato di sillabe vivide
in arcobaleni di brividi.
Come i giganteschi elefanti che valsero la vittoria di Pirro,
a te io sconvolsi con la zampa del genio il cervello.
Inutilmente: di te
non avrò nemmeno un brandello.
Gioisci,
gioisci,
che finalmente mi hai dato
il colpo mortale!
Io desidero
fuggire al canale
per mettere il capo nella mandibola liquida!
Mi hai offerto le labbra.
Rozze erano ed umide.
Le ho appena sfiorate e m’hanno agghiacciato,
come se in pentimento avessi baciato
un monastero tagliato nella pietra ruvida.
Hanno sbattuto la porta.
Egli è entrato,
rorido dell’allegria delle vie.
Io mi sono spezzato
con un gemito in due.
Gli ho detto:
va bene,
andrò via.
Va bene,
sia tua.
Coprila di cenci, se vuoi
che pieghino sotto la seta le fragili ali di vetro.
Bada che può fuggirsene a nuoto.
Attaccale al collo
una collana di perle come una pietra!
Che notte
stanotte!
Il mio cruccio ha spremuto con forza sempre maggiore.
A sentire le mie risate e i singhiozzi
il muso della mia camera ha fatto una smorfia d’orrore.
Luce riflessa dai tuoi occhi
… dai tuoi occhi sopra il tappeto,
si levò la tua effige quasi immagine magica,
come se un altro Biàlik evocasse in segreto
una favolosa regina per la nuova Sion ebraica.
Nel supplizio della passione
ora piego i ginocchi e la testa
dinanzi a colei che fu mia.
A mio paragone
Re Alberto,
che ha arreso tutte le sue piazzeforti,
è come se ricevesse regali per la sua festa.
Indoratevi ancora nell’erba e nel cielo sereno!
O vita, rifà primavera dalle tue mille fibre diverse!
Non voglio ormai che un veleno:
bere, sempre bere i miei versi.
Tutto mi rubasti col cuore,
e non mi lasciasti che il fardello della disdetta.
L’anima mi lacerasti come in un rovo.
Accetta il mio dono , o diletta:
forse non inventerò altro di nuovo.
Nei quaderni dei tempi
scrivete la data d’oggi a lettere d’oro!
Adémpiti,
magia simile alla passione di Cristo.
Guardate:
sulla carta son crocifisso
coi chiodi delle parole.
…
V. Majakovskij
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Da «FLAUTO DI VERTEBRE»
La poesia tratta da "Il fiore del verso russo" – un’antologia di autori e poesia russa del Novecento a cura di Renato Poggioli,
edito da Passigli – Firenze – Antella
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