finalmente, dopo 4 anni, ho letto questo racconto.
70 pagine, tutte oggi. bellissime.
peace, .zaitself
"Mi viene in mente, senza volerlo, l’immagine di una fanciulla malata, deperita, che noi guardiamo talvolta con un senso di compassione, talvolta con mesto affetto, e talvolta non notiamo neppure, una fanciulla la quale ad un tratto diventa meravigliosamente bella. Allora ci si chiede stupiti e inebriati: "Quale potere dà un tale splendore, un tale fuoco, a questi occhi, prima tristi e pensosi? Chi ha fatto rifluire il sangue in queste gote, finora pallide e scarne? Quale passione ha illuminato i dolci lineamenti di questo volto? Perché questo petto ansima così? Che cosa ha dato all’improvviso salute, vita e bellezza al volto di questa povera fanciulla? Che cosa gli ha dato lo splendore di questo sorriso e l’ha ravvivato con questa risata scintillante?" Ci si guarda intorno, si cerca qualcuno, si indovina. Ma l’attimo fugge. Il giorno dopo si incontra nuovamente quello sguardo, pensoso e distratto come prima; si rivede quel volto pallido, quella timida lentezza dei movimenti; si nota anche una certa espressione di pentimento, si notano le tracce di una mortale tristezza per quell’effimero godimento… E ci si affligge per la scomparsa di quella bellezza fuggitiva, svanita tanto presto e irrevocabilmente, la quale, ingannevole, ha brillato invano davanti ai nostri occhi. Ci si affligge di non aver avuto il tempo di amarla…
[…]
Camminavo e cantavo, poiché, quando sono felice, ho l’abitudine di canticchiare qualcosa, come fa ogni uomo felice, il quale, non avendo amici, e neppure buone conoscenze, non sa con chi dividere la propria gioia."
pag. 8.
"Ah! Se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo…
– Ma come? E di chi?
– Di nessuno, di un essere ideale che mi appare in sogno. In sogno io creo interi romanzi. Ah! Voi non mi conoscete! Non posso vivere senza sognare, è vero. Ho incontrato due o tre donne, ma che donne. Erano tutte borghesucce tali, che… Ma riderete se vi dico che qualche volte mi è venuta l’idea di attaccar discorso, così, semplicemente, con una gran dama qualsiasi, per la strada, quando era sola, naturalmente. Pensavo che avrei cominciato a parlare timidamente, s’intende, rispettosamente, appassionatamente. Le avrei detto che la solitudine mi fa morire, così ella non mi avrebbe respinto! Le avrei detto che non avevo modo di conoscere nessuna donna; l’avrei convinta che una donna ha il dovere di non respingere la preghiera di un uomo sfortunato come me. Non chiedevo che due sole parole, fraterne, pronunziate con un sentimento di simpatia. Desideravo di non esser respinto mentre facevo il mio primo passo. Imploravo che ascoltasse ciò che volevo dirle, che ridesse pure di me se le faceva piacere, ma che mi lasciasse un pò di speranza, che mi dicesse due parole, due parole sole… Poi, magari, non ci saremmo incontrati più!… Ma voi ridete! Del resto, parlo soltanto per farvi ridere…"
pag. 12.
"- Tornerò qui domani, – dissi io. – Perdonatemi. Io pretendo già…
– Si, voi siete impaziente… e quasi pretendete…
– Ascoltate, ascoltate! – interruppi. Perdonatemi se ve lo dico di nuovo… Ma, ecco, domani non posso fare a meno di venire qui. Sono un sognatore. Nella mia vita c’è così poca realtà, e di momenti come questi ne ho così pochi, che non posso rinunziare a riviverli in sogno. Vi sognerò tutta la notte, tutta la settimana, tutto l’anno. Domani tornerò qui, immancabilmente, e proprio in questo medesimo luogo, a quest’ora, e ricordando quest’ora sarò felice. Questo luogo mi è già caro. A Pietroburgo vi sono due o tre luoghi simili. Una volta mi son messo a piangere per un ricordo, come voi… Poiché, forse, anche voi, dieci minuti fa, piangevate per un ricordo… Ma, perdonatemi, mi confondo di nuovo… Voi, forse, siete stata, qui, una volta, particolarmente felice…"
pag. 14.
"Il sognatore fruga invano tra i vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla, per soffiarci sopra e riscaldare col fuoco ridestato il proprio cuore freddo e per farvi risorgere ciò che lo commuoveva, che gli faceva ardere il sangue, che gli strappava le lacrime dagli occhi e lo illudeva meravigliosamente. Non sapete, Nasten’ka, fin dove io sia giunto? Non sapete che son costretto a festeggiare l’anniversario dei miei sentimenti, l’anniversario di ciò che mi era prima tanto caro, ma che non è mai realmente esistito, poiché questo anniversario festeggia quegli stupidi sogni incorporei, che debbo ricordare, altrimenti nulla resterebbe di essi. Non sapete che in alcune date fisse io amo ricordare e visitare i luoghi dove fui felice, che amo ricostruire il presente nell’eco di un passato irrevocabile, che spesso girovago come un’ombra, senza scopo e senza mèta, malinconico, per le vie tortuose di Pietroburgo? Quali rimembranze!"
pag. 32.
Questo racconto, apparso nel dicembre 1848, s’impernia sualla figura del "sognatore", figura così cara a Dostoevskij, che egli pensò persino di scrivere, nel 1876, un romanzo con questo titolo. Hoffman e Walter Scott sono gli ideali del protagonista intellettuale "senza storia", vagabondo incline ai sofismi, timido sognatore che passa come un’ombra ai margini della realtà. Estraneo agli interessi meschini, egli reagisce alla grettezza del mondo, rifugiandosi nelle immagini della sua calorosa fantasia. Staccato così dalla vita, condanna se stesso a una penosa solitudine. Egli è prigioniero delle proprie visioni, e le prospettive immaginose, gli sciami dei sogni, pur avvivando la sua esistenza squallida, squallidissima, gli offuscano il senso della concretezza terrena.
Perdendo gli anni migliori, il sognatore finisce col sostituire un’inerte impalcatura di illusioni al brulichìo della vita. Di questo mondo artificiale, che il panorama di Pietroburgo rende più allucinato, egli sente l’inconsistenza e la vanità; soffre di non saper vivere come gli altri, ma non riesce a districarsi dal vischio delle fantasie.
dalla nota introduttiva di Angelo Maria Ripellino.
tratto da "Le notti bianche",
di Fedor Dostoevskij. Einaudi, 1983.